Desideriamo tutti di essere felici, ma ogni tanto la felicità fa paura… Ognuno ha il suo ideale di felicità: realizzarsi sul lavoro, trovare l’amore, avere dei figli, comprare casa, scalare una montagna. Ci mettiamo alla ricerca della felicità per incontrarla e vivere felici, come nelle favole: per sempre. Eppure…
“La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare. Mi fido di te”
Jovannotti
FELICITA’
La felicità è un’emozione e per definizione dura da qualche secondo a qualche ora. Poi svanisce. Nel vocabolario Garzanti felicità è: “stato di chi è felice, di chi ritiene soddisfatto ogni suo desiderio; gioia, soddisfazione completa”. In psicologia è descritta così: “uno stato soggettivo transitorio suscitato, anche se fondamentalmente slegato, da qualcosa di oggettivo presente nel mondo reale. Si può essere felici per un film, rimanere senza fiato davanti a un tramonto, essere appagati da una fetta di torta”.
La felicità è dunque un’esperienza soggettiva e transitoria: inizia e finisce. Provare la felicità e poi perderla può essere più traumatico di una vita passata nella sofferenza. Esagerato? No, per qualcuno non lo è affatto.
COSTANZA DEL DOLORE
Si chiama “Costanza del dolore”, quello stato in cui molte persone preferiscono vivere piuttosto che buttarsi nella vita e incontrare la felicità. La paura della felicità è più diffusa di quanto possiamo credere. Ci sono persone che hanno rimosso dal loro orizzonte la possibilità di essere felici. Preferiscono vivere di tristezza e insoddisfazione, perdersi in piccoli e costanti dispiaceri per evitare nuovamente l’esperienza della felicità e vederla poi svanire. Il punto è che il dolore si può controllare, la felicità no, perché è imprevedibile, può arrivare ma anche andare via.
È possibile rinunciare alla felicità su tutti i “livelli” dell’esistenza: i sentimenti, il sesso, la realizzazione personale, il lavoro, addirittura la salute. A livello fisiologico, un cervello che da tempo non attiva gli assetti neurochimici che corrispondono alla felicità e al benessere non riesce a gestirli quando si presentano, li sente come degli estranei, va in blocco. Questa modalità si innesca più facilmente su persone che per educazione e morale fin da piccole si sono abituate a controllare le emozioni, a vivere di “doveri” e a rinunciare il piacere. Queste persone vivono al “riparo” dalla felicità (e dal piacere), percepita come impossibile e soprattutto pericolosa.
DANNO
La paura della felicità nasconde il timore di perdere le proprie sicurezze, di farsi male. Solitamente chi vive nella “Costanza del dolore”, ha subito delle delusioni, delle bruciature, dei colpi dalla vita. Si sente (o è stato) danneggiato dalla vita, così tanto da avere paura di riprendere a vivere normalmente. Un danno può essere una perdita di una persona cara, un trauma fisico o psichico subito da piccoli. Chi ha subito un danno si sente rotto dentro. Tanto da non potere o non volere più avere a che fare con la felicità e le delusioni che ne derivano. Chi sente di essere stato danneggiato solitamente rimane inchiodato al passato, ha rabbia verso le persone e la vita. Magari non è una rabbia aperta, dichiarata, ma è un sottrarsi, è un nascondersi, un venire meno, uno stare un passo indietro.
IN ATTESA DEL RISARCIMENTO
Chi sente di avere subito un danno vive in attesa (spesso inconscia) di un risarcimento. Eppure: spesso il risarcimento non basta a ripagare del male subito: chi si sente danneggiato può anche vincere al lotto, oppure ricevere una grossa eredità, eppure non sarà mai soddisfatto o ripagato del danno subito.
Per fortuna non ci sono solo persone “irrisarcibili”, ma anche “parzialmente o risarcibili del tutto”.
Questo però è possibile quando riusciamo a cambiare punto di vista su di noi e su quello che è accaduto nella nostra vita. Quando capiamo che per riprendere a vivere “il risarcimento devo darmelo da me stesso”. La domanda corretta da farci è: “cosa posso fare ora?”. Risarcirsi da soli significa andare a procurarsi da soli i propri bisogni. Questo atteggiamento porta la maggiore soddisfazione possibile, più di qualsiasi vincita alla lotteria, guadagno o eredità. Perché quello che oggi abbiamo ce lo siamo guadagnato con le nostre mani.
Un modo per superare la “paura della felicità” o meglio detta la “costanza del dolore” è affidarsi a uno psicoterapeuta, che sa come sbloccare il meccanismo e fare ritornare la persona a vivere, libero dalle sue paure e difese, munito di un paracadute: il sistema di sicurezza, su cui poter contare.
La paura di cadere, come ci dice Jovannotti nel brano “Mi fido di te” nasconde una grande voglia di volare. Allora, “…quanto sei disposto a perdere?”.