“Il vero eroe è colui che vince la sua rabbia e l’odio”. Dalai Lama
La rabbia fa parte di quelle emozioni che chiamiamo primarie – insieme alla paura, alla tristezza, alla gioia, alla sorpresa e al disgusto – cioè quelle emozioni che tutti gli essere umani provano senza che vengano insegnate.
Essa è pura energia, può essere distruttiva o costruttiva. Tra le varie emozioni, è quella che più ci mette nei guai, ci travolge fino a farci compiere azioni di cui poi ci pentiamo. Ma è la stessa rabbia che, in altre situazioni, ci rende forti di fronte ad un attacco, grintosi e determinati in quello che vogliamo.
Che cos’è la rabbia?
È un’emozione reattiva a una situazione/ persona che ci ostacola verso il raggiungimento del nostro obiettivo. Ci arrabbiamo quando qualcosa non va come vorremmo, per esempio quando non riusciamo ad ottenere ciò che desideriamo o quando non possiamo fare quello che vogliamo. Essenzialmente ci sentiamo arrabbiati quando percepiamo che noi o qualcuno sta subendo un’ingiustizia: possiamo arrabbiarci quando ci sentiamo non capiti, visti, ascoltati.
Essa è riconoscibile attraverso alcuni segnali fisici quali: tremore agli arti (il sangue affluisce nelle mani), senso di calore nel viso e nello stomaco, rigidità delle mascelle, tensione muscolare. Queste reazioni fisiologiche segnalano che siamo pronti a scattare e a reagire come delle molle.
Le “sorelle” della rabbia
Questa emozione si manifesta in tantissime forme e sfumature, a seconda della forza o intensità con cui si esprime. Nel caso di un’arrabbiatura leggera, ci diciamo “contrariati”; se è intensa ci sentiamo “infuriati”. L’indignazione è la rabbia del giusto che si dice “ho ragione e disapprovo la tua condotta”. Quando mettiamo il broncio, manifestiamo una sorta di rabbia passiva: “mi hai davvero fatto arrabbiare, te la faccio pagare… non ti parlo più!”.
Il risentimento è un’ennesima modulazione di questa emozione, è simile all’amarezza, diciamo che è una rabbia che “ha una sua storia”, viene da un passato che non dimentichiamo. La frustrazione è invece uno stato di sconforto o di sconfitta che dura nel tempo e ci rende tesi o svogliati. Poi c’è l’esasperazione: “non ce la faccio più, la mia pazienza è al limite”, per arrivare poi alla massima intensità, a un accesso di rabbia incontrollabile, che ci fa completamente perdere la ragione: “sono folle di rabbia”.
Qual è il ruolo della rabbia?
La rabbia ha un ruolo importante nella nostra vita, soprattutto nell’ambito relazionale. Ha una funzione protettiva: è quell’emozione che ci permette di far valere i nostri diritti e favorisce l’affermazione di noi come persone autonome (rabbia costruttiva).
Eppure questa, più di ogni altra emozione, se non viene gestita in maniera adeguata, può avere ripercussioni anche gravi nel contesto sociale in cui viviamo (rabbia distruttiva).
Come tutte le emozioni, questa non va eliminata ma al contrario va riconosciuta e gestita in modo funzionale.
Come usare la rabbia in modo costruttivo
La rabbia non è qualcosa da reprimere. Marshall Rosemberg nel suo libro: “le funzioni sorprendenti della rabbia” ci consiglia di vedere questa emozione come un “dono”, che ci porta a scoprire quali bisogni hanno stimolato la nostra reazione.
I quattro passi per gestire la rabbia
La Rosemberg illustra quattro passi per riuscire a gestire la rabbia.
Il primo passo è individuare lo stimolo della nostra rabbia. In altre parole, non è quello che fanno gli altri a farci arrabbiare, ma la vera causa della nostra emozione è dentro di noi e riguarda il modo in cui noi reagiamo al comportamento altrui.
Il secondo passo è individuare l’immagine o il giudizio che ci fa arrabbiare. Occorre diventare consapevoli che la causa della nostra rabbia non è il fatto accaduto, quanto il giudizio (il pensiero negativo) che diamo a ciò che è successo, ai comportamenti altrui.
Il terzo passo consiste nel guardare dentro di noi e scoprire qual è il bisogno che è alla radice della nostra rabbia. Concentrarci sui nostri bisogni aumenta la possibilità di soddisfarli. Ogni volta che ci sentiamo arrabbiati dovremmo chiederci: “mi sento arrabbiato perché sto dicendo a me stesso che…” e poi cerchiamo di scoprire quale nostro pensiero sta causando la nostra arrabbiatura. È importante fermarsi ad ascoltare i pensieri che abbiamo in testa, che sono sempre alla radice di questa nostra emozione. “sono arrabbiato perché sto dicendo a me stesso che non è giusto, che questo non è il modo di trattare una persona, come se non contassi nulla!”.
Il quarto passo riguarda ciò che diremo ad alta voce alla persona, dopo avere trasformato la nostra rabbia in profondità, entrando in contatto con il sentimento e il bisogno dietro il giudizio. E parleremo alla persona dando quattro informazioni: 1. Riveliamo lo stimolo: quello che la persona ha fatto è in conflitto con il nostro bisogno 2. Esprimiamo come ci sentiamo. Non reprimiamo la rabbia, ma la trasformiamo in un’emozione come: “triste.. addolorato…spaventato… frustrato…”. 3. Facciamo seguire all’espressione delle emozioni, l’espressione dei nostri bisogni. 4. Facciamo una richiesta chiara, precisa, circa quello che vogliamo dall’altra persona.
Riconoscere la stretta connessione tra rabbia, pensiero (giudizio) e bisogno è fondamentale.
Questo processo richiede molta pratica. Ma se ne facciamo abbastanza (tutte le volte che ci arrabbiamo durante il giorno), il processo alla fine può essere percorso in pochi secondi.
Tutto sta nel cominciare. Ora.