Nella psicologia dello sport, l’infortunio è un argomento in primo piano nella ricerca scientifica e nella riabilitazione medico-sportiva. Numerosi studi hanno dimostrato che molti atleti dopo un incidente sportivo e la riabilitazione fisica hanno difficoltà a riprendere l’attività sportiva. Infatti, pu accadere che corpo ritorni a funzionare, ma la mente vada in blocco: qualcosa impedisce di ritornare alle prestazioni pre incidente. In questi casi l’atleta non ha bisogno solo di riabilitare il fisico, ma anche la mente (Brewer, 2010).
In particolare, gli sportivi si infortunano di frequente e si trovano a dover gestire il logorio continuo del proprio corpo. Alcuni studi dimostrano (Podlog e Eklund, 2006) che gli atleti che ritornano alle competizioni immediatamente dopo la riabilitazione fisica rischiano di non essere ancora pronti dal punto di vista psicologico. Spesso infatti sono vittime di specifiche paure connesse all’infortunio subito: paura di non essere più come prima, paura di farsi nuovamente male.
L’incidente, piccolo o grande che sia, può rappresentare un’esperienza traumatica che va a incrinare il senso di fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, va a generare convinzioni o aspettative negative su se stessi, gli altri, o sul mondo, può portare a sentimenti di paura, impotenza, ansia, talvolta attacchi di panico, insonnia. Un infortunio può essere a tutti gli effetti un trauma, che può generare un lieve o consistente “disturbo post traumatico da stress”.
Il disturbo da stress post-traumatico
Il disturbo da stress post-traumatico, detto anche PTSD, è un disturbo presente nel DSM-5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) nel capitolo dei disturbi correlati a trauma e stress. In passato definito anche nevrosi da guerra, perchè spesso osservato nei soldati impegnati in battaglia, il PTSD è un disturbo che in genere manifesta i suoi sintomi a seguito di un evento particolarmente traumatico, evento che interrompe il flusso continuo della vita naturale di un soggetto, come ad esempio l’essere sopravvissuti a un terremoto, o aver avuto un incidente. In genere il soggetto che soffre di disturbo da stress post-traumatico presenta ansia, depressione, ricordi emotivamente molto intensi e immagini disturbanti dell’evento traumatico, flashback (Rivista di Psichiatria, maggio-giugno 2014, vol.49, N 3).
La letteratura di psicologia dello sport sugli infortuni suggerisce come alcuni atleti infortunati possono sperimentare sintomi tipici del disturbo post traumatico da stress e che possono beneficiare di interventi studiati apposta per curare questo disturbo.
Il metodo EMDR
Il metodo EMDR (Shapiro 1989; 2001) rappresenta un intervento efficace in situazioni di questo tipo.
L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, soprattutto allo stress traumatico.
Dunque, si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatic e utilizza movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra per trattare disturbi legati direttamente a esperienze traumatiche o particolarmente stressanti dal punto di vista emotivo.
Dopo una o più sedute di EMDR, i ricordi disturbanti legati all’evento traumatico hanno una desensibilizzazione, perdono la loro carica emotiva negativa (www.Emdr.it).
Complessivamente, il metodo EMDR tende a ridurre le sofferenze causate dal trauma e aiuta il paziente a considerare l’esperienza vissuta da una nuova prospettiva, integrata e meno disturbante. La finalità è quella di passare da convinzioni negative su di sé (“io sono impotente”) a convinzioni più positive (“io posso gestire la situazione”).
Nel campo della psicologia dello sport, in particolare, si sono sviluppate due aree principali di ricerca:
- l’uso dell’EMDR per aiutare gli atleti a controllare l’ansia da prestazione (Foster 2012; Graham e Robinson, 2007)
- l’uso dell’EMDR per aiutare gli atleti a rielaborare il trauma che deriva da un incidente (atleti pluri infortunati, carriere di sportivi terminate all’improvviso, morte di un compagno di squadra).
Una ricerca condotta da Davide Mate, Letizia Marazzi e Francesca Cavallerio (Giornale Italiano di Psicologia dello sport, n.17 – 2013) mostra il caso di un giovane atleta riabilitato anche dal punto di vista psicologico attraverso una psicoterapia breve focale con il metodo EMDR. Questo caso permette di entrare nella stanza del terapeuta e di vedere l’EMDR nella pratica.
Il caso di Luca
Luca (nome fittizio per tutelare la privacy) è un giovane atleta di 17 anni, che compete a livello regionale e nazionale nello sci alpino. Viene contattato dall’allenatore prima della stagione agonistica. L’anno precedente Luca aveva subito un infortunio, la rottura del legamento crociato sinistro, a seguito di una brutta caduta durante l’ultima gara di stagione. Durante il periodo estivo Luca si era sottoposto all’intervento chirurgico di ricostruzione del legamento crociato e a un successivo periodo di riabilitazione, a seguito del quale aveva recuperato la forma fisica di un tempo. Arrivata la stagione agonistica, Luca manifesta all’allenatore vissuti di paura legati all’infortunio subito e il timore che possa avere una ricaduta. Sul campo da sci la tecnica sportiva peggiora rispetto a prima dell’infortunio e non c’è nulla che lo tranquillizzi durante gli allenamenti.
Nel caso di Luca l’esperienza fisica è collegata al trauma psicologico: l’incidente (la caduta) è stata improvvisa e inaspettata, tanto da provocare una sorta di amnesia rispetto a sentimenti e percezioni subito prima e subito dopo l’incidente. La caduta è avvenuta su una pista familiare, ben conosciuta ma, dopo il trauma, il ricordo positivo si è associato a sensazioni di dolore e paura. Infine, l’infortunio era avvenuto alla fine della stagione sciistica e dunque l’evento si è cristallizzato e non risultava elaborato a livello cognitivo, emotivo o comportamentale. La memoria traumatica ha generato uno stato di ansia e paura legate all’attività sportiva e all’evitamento costante di situazioni connesse con lo sport.
Le sedute
Il giovane atleta viene accompagnato dai genitori nello studio dello psicoterapeuta, dove viene presentata la metodologia di lavoro. Luca partecipa a un primo incontro individuale di valutazione e successivamente a 4 sedute terapeutiche individuali, videoregistrate, della durata di 90 minuti ciascuna, svolte nell’arco di 2 mesi, nel corso delle quali è stato usato il metodo EMDR. Il terapeuta nella prima seduta si è concentrato sulla visualizzazione del “luogo al sicuro”, un luogo reale o immaginario che aiuta il paziente a controllare le proprie esperienze emozionali. Nella seconda seduta il terapeuta lavora sul ricordo dell’evento traumatico, attraverso il protocollo EMDR. Il paziente è guidato a ricordare la sequenza degli eventi e a concentrarsi su l’immagine peggiore del ricordo. Il procedimento di rielaborazione dura circa 50 minuti e l’intera seduta 1 ora e mezza. Le immagini sono inizialmente vivide e destabilizzanti, i pensieri richiamano sensazioni di pericolo e di fallimento. Successivamente la nitidezza delle immagini tende a diminuire insieme all’arousal emotivo, si inseriscono immagini di figure affettive di aiuto e di supporto (padre, soccorritori), che rimandano a senso di sicurezza e di maggiore controllo. Nella terza seduta il terapeuta procede com una rivalutazione dei ricordi traumatici, per indagare se ci siano altri aspetti da rielaborare. Luca sceglie un momento del ricordo traumatico in cui la paura sale ad alti livelli. Il terapeuta procede con il protocollo EMDR, i ricordi si susseguono, le immagini sono ricche di particolari, l’attivazione emotiva meno intensa. La desensibilizzazione ottenuta attraverso il protocollo EMDR ha consentito un accesso più fluido al ricordo, permettendo un’integrazione con altri vissuti, tanto che la percezione di avere superato la paura porta Luca oggi a un maggior senso di auto efficacia. Nella quarta e ultima seduta il terapeuta si concentra sulla visualizzazione delle persone significative per Luca, per fare in modo che diventi automatico riportarle alla mente (figure di supporto) in qualsiasi momento l’atleta desideri.
I risultati
L’analisi dei contenuti emersi durante le 4 sessioni terapeutiche mostrano risultati interessanti. Dopo le prime due sedute, Luca ha mostrato un miglioramento della regolazione emotiva, una desensibilizzazione ai sintomi fisici connessi all’incidente, un incremento della fiducia in sé e un positivo atteggiamento verso l’idea di tornare a gareggiare. Alla fine delle 4 sedute, il paziente è riuscito a riprendere regolarmente parte alla stagione agonistica.
Conclusioni
I risultati di questo studio-caso rinforzano l’efficacia del metodo EMDR come un protocollo efficace in ambito sportivo, da poter usare nel trattamento psicologico di eventi traumatici attraverso una adeguata psicoterapia. Inoltre questo trattamento può essere utilizzato con efficacia con atleti, non solo per gestire l’ansia da prestazione, ma per affrontare paure legate a un possibile nuovo infortunio.
Il caso di Luca mostra come la rielaborazione e riabilitazione possa avvenire anche in tempi brevi, tanto da risultare uno strumento utile anche dal punto di vista temporale.
Articolo tratto da: Giornale Italiano di psicologia dello Sport, Numero 17 – 2013
Silvia Semprini – Psicoterapeuta e Mental Coach – Practitioner EMDR