INTERMITTENT FASTING – LA DIETA IDEALE ??

Agosto 31, 2020

L’intermittent fasting (digiuno intermittente) ha ricevuto molta risonanza per il controllo del peso/dimagrimento. Con effetti positivi sul profilo glicemico e lipidemico (colesterolo e trigliceridi) e sulla risposta infiammatoria. Con effetti protettivi sul rischio tumorale, di patologie metaboliche e sulla longevità.
Tutto questo spesso condito dal “poter mangiare ciò che si vuole e non dover dipendere dal pesare alimenti”
Una dieta “liberatoria” e un elisir di lunga vita! Cosa c’è di vero ? Dove sta il “non detto”?

Innanzitutto è bene distinguere i vari tipi di “intermittent fasting” più o meno strutturati.

1) digiuno di giorni consecutivi
2) digiuno totale o “simulato” (in cui si riducono gli apporti calorici rispetto ai fabbisogni) a giorni alterni, con giorni di alimentazione ad libitum
3) digiuno a “tempo ristretto”. Ne sono un esempio le varianti 16:8, 18:6 e 20:4, nonché il digiuno religioso come il Ramadan.

Oltre alle differenze in termini di scansione “temporale”, la differenza più importante non sempre specificata è quella del “con o senza restrizione calorica”. Sarebbe infatti questa la componente significativa a cui studi sperimentali che confrontano vari tipi di digiuno intermittente attribuiscono gli effetti positivi sopracitati di queste pratiche alimentari.

I vari tipi di intermittent fasting

Nei tipi di digiuno 1) e 2) , è praticamente certo che si inneschi una restrizione calorica settimanale. (I giorni di alimentazione ad libitum sono pochi, e anche mangiando “ad libitum” difficilmente si raggiunge un bilancio calorico)

Nell’intermittent fasting invece (3), non è affatto detto si mantenga una restrizione calorica: nelle poche ore di alimentazione è facile “compensare” le ore di digiuno, soprattutto se non si hanno riferimento quali-quantitativi rispetto a ciò che sarebbe opportuno mangiare e/o per la difficoltà a controllare i consumi alimentari dopo molte ore di digiuno.
Sarebbe anzi facile annullare tutti i potenziali benefici a lungo termine.

Sarebbe infatti questo il punto più critico dell’intermittent fasting : molti soggetti lo interrompono per la difficoltà a seguire il digiuno senza interferire eccessivamente con il proprio stile di vita (lavoro, attività fisica, occasioni sociali) e per le sensazioni di stanchezza, irritabilità, e di fame.

La restrizione calorica prolungata/intensa induce a ignorare i propri segnali di fame e sazietà, accentua meccanismi come la preoccupazione e il controllo sul cibo (restrizione cognitiva del “mangio quando arriva l’orario X”) nonché la valutazione di sé in relazione a quanto si riesce a digiunare e controllare il cibo e la propria fame, ma soprattutto aumenta la produzione di ormoni “della fame”: aumenterebbe quindi il rischio di alimentazione incontrollata, abbuffate episodiche e di disturbi alimentari (Binge Eating e bulimia, ma anche anoressia)

L’intermittent fasting non è affatto una dieta o un metodo “sicuro” per dimagrire, adatto a tutti e privo di effetti collaterali.
Buona parte del “peso perso” in molti casi è legata alla perdita di massa magra (muscolo,glicogeno, acqua e tessuti metabolicamente attivi) indotti dalla restrizione calorica intensa/prolungata

Controindicazioni per soggetti:

  • con (rischio di) disturbi alimentari
  • che richiedono apporti alimentari regoalri per la crescita o il mantenimento delle riserve energetiche e della massa magra (bambini, adolescenti, atleti, anziani fragili)
  • con malattie del ricambio (gotta, obesità) e cardiovascolari
  • che assumono alcuni farmaci es warfarin paracetamolo (il digiuno ne condiziona il metabolismo epatico e aumenta il rischio effetti collaterali ed epatotossicità)

Davvero dovremmo rischiare/accettare di ridurre la qualità di vita per mantenere/perdere peso o allungare l’aspettativa di vita? La risposta più logica è no.

I centenari italiani raccontano dell’abitudine a fare una colazione abbondante (presto) e un pasto a metà giornata ricco prima di coricarsi (presto). DI fatto un “digiuno notturno prolungato” di 15-18 ore, in una dieta mediterranea “povera” e una intensa attività lavorativa.
Molti degli importanti meccanismi fisiologici “protettivi” descritti per l’IF sono stati da tempo attribuiti già alla dieta mediterranea. Sarebbero quindi quantità (moderata) e qualità (“mediterranea”) a fare la differenza, più che non “questioni di tempo”.

In conclusione, non ci sono evidenze sulla maggiore sicurezza, sulla perdita del peso, sulla prevenzione e sulla longevità che inducano a ritenere l’intermittent fasting raccomandabile/preferibile rispetto a una restrizione calorica moderata-costante derivante da una dieta di stampo Mediterraneo.
L’elevato drop-out, i possibili effetti collaterali e le controindicazioni suggeriscono quindi prudenza: l’intermittent fasting (in qualsiasi tipo) dovrebbe essere applicato solo su soggetti selezionati per cui risulta sostenibile e calzante rispetto a preferenze individuali, tolleranza e obiettivi….e sotto monitoraggio.

La migliore “dieta” è in definitiva quella che permette di mantenere/perdere il peso rispettando il più possibile i regolari e fisiologici segnali di fame/sazietà interni, con autoregolazione e senza bisogno di “regole e forzature esterne” e che, di nuovo, risulti ben adattata al proprio stile di vita, gusti, preferenze, obiettivi: in questo senso, la dieta Mediterranea (con o senza restrizione calorica), ha dalla sua parte ancora molte più evidenze di raccomandazione, oltre a una elevata sostenibilità e flessibilità.

All’Officina del Corpo, la dietista potrà seguirti ed accompagnarti nel percorso alimentare più adatto a te.

Diana Severgnini-Dietista

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