“Abbiamo sempre due scelte nella vita: accettarla così com’è o accettare la responsabilità del cambiamento.”
Denis Waitley
Non c’è crescita senza cambiamento, eppure cambiare è una delle cose più difficili da fare nella nostra vita. Parliamo quindi, di un ciclo emotivo del cambiamento.
Le teorie dello sviluppo concordano nel definire lo sviluppo umano come “la capacità di fare fronte alle esigenze della vita”. Alcuni cambiamenti si verificano giorno per giorno (microcambiamenti) e permettono di acquisire abilità e competenze in maniera graduale (continuità evolutiva). Altri cambiamenti arrivano all’improvviso (una separazione, una proposta, una perdita) e possono mettere in crisi il nostro sistema (discontinuità evolutiva).
Gli elementi chiave dello sviluppo sono:
- Lo sviluppo, per essere stimolato, ha sempre bisogno di una sfida (compito, crisi, stimolo, perdita)
- Per affrontare una sfida, occorre mettere in campo le proprie risorse personali
- Risolvere con successo la sfida comporta un aumento della propria autostima
- L’insuccesso (fallimento) comporta possibili problemi (blocchi evolutivi) nell’affrontare sfide successive (L.B. Hendry, M. Kloep, Lo sviluppo del ciclo d vita).
Comunque vada, affrontare le sfide comporta cambiamenti nell’ambiente e nell’individuo: è un’illusione pensare che tutto rimanga fermo e stabile nella nostra vita. Come diceva il Buddha: “non c’è niente di costante, tranne il cambiamento” nella vita dell’uomo.
La Psicologia del Cambiamento (o del ciclo di vita) valuta quanto e come sia davvero possibile poter cambiare mettendo in campo le proprie risorse. Indipendentemente dalle difficoltà oggettive che possiamo incontrare nel cambiamento, alcune persone sembrano dimostrare il contrario: leggiamo sui giornali oppure siamo testimoni diretti di trasformazioni radicali di vita. Ma come si fa ad affrontare un cambiamento?
Il Ciclo Emotivo del Cambiamento
Negli anni ’70, i ricercatori americani Don Kelley e Daryl Conner, notarono che molti degli individui che avevano affrontato un cambiamento volontario, si erano ritrovati ad attraversare 5 fasi o tappe comuni e in ognuna di queste fasi avevano vissuto un preciso stato emotivo.
Da qui nacque il nome Emotional Cycle of Change (“Ciclo Emotivo del Cambiamento”), denominazione utilizzata per la prima volta dai due ricercatori nell’Annual Handbook for Group Facilitators del 1979.
Conoscere questo ciclo è importante: infatti, ci aiuta ad inquadrare i nostri stati emotivi in relazione al cambiamento e ad affrontarli con maggiore consapevolezza. Se conosciamo gli ostacoli in anticipo, siamo più preparati ad affrontare il cambiamento e ad uscirne vincenti.
FASE 1: L’OTTIMISMO INGIUSTIFICATO
Quando decidiamo di intraprendere un nuovo progetto siamo carichi di energie ed entusiasmo. Questo stato d’animo “carico” è utile per la partenza, ma ci potrebbe portare a non vedere gli ostacoli; questa prima fase è quella dell’ottimismo ingiustificato.
FASE 2: IL PESSIMISMO GIUSTIFICATO
Dopo pochi giorni o qualche settimana, presto l’entusiasmo iniziale si disperde e noi ci troviamo a fare i conti con la realtà. La maggior parte delle persone rinuncia all’obiettivo con la fase due. Circa nove tentativi di cambiamento su dieci (il 90%) falliscono proprio a causa del pessimismo tipico di questa fase.
Strategia: quando siamo in questa fase non è bene guardare all’obiettivo finale (che sembra irraggiungibile) ma conviene limitarci a fare un passo dopo l’altro, restringendo la nostra attenzione al passo successivo.
FASE 3: IL REALISMO
Quando superiamo il pessimismo con tenacia e determinazione, ci troviamo ben presto in una nuova fase, quella del realismo. Vediamo la realtà così com’è: ad esempio, ci accorgiamo che il nostro tentativo di cambiamento richiederà tempo e fatica.
Strategia: in questa fase occorre mantenersi focalizzati sul presente e perseverare nel nostro cambiamento.
FASE 4: L’OTTIMISMO GIUSTIFICATO
Se siamo riusciti ad emergere dalla palude del pessimismo e ad attraversare il realismo della fase tre, ci troviamo presto a toccare con mano i risultati raggiunti. Questo innesca in noi una nuova spirale di ottimismo “giustificato”: ci serve per dare la spinta finale al cambiamento.
FASE 5: CONCLUSIONE DEL CICLO
Così come è iniziato, il ciclo del cambiamento si conclude nel momento in cui il cambiamento iniziale sarà diventato un’abitudine. Strategia: celebriamo questo cambiamento come una vittoria personale: in questo modo rafforzeremo autostima e autoefficacia. Aiutiamo anche altre persone a farcela!
Per concludere, anche Carl G. Jung (discepolo di S. Freud) nelle sue teorie fa riferimento ad un processo evolutivo nella vita umana, chiamato processo di individuazione, necessario per vivere con pienezza la nostra vita.
«C’è una quantità di persone che non sono ancora nate. Sembra che siano qui e che camminano ma, di fatto, non sono ancora nate perché si trovano al di là di un muro di vetro, sono ancora nell’utero. Sono nel mondo soltanto provvisoriamente e presto ritorneranno al pleroma da cui hanno avuto inizio. Non hanno ancora creato un collegamento con questo mondo; sono sospesi per aria […].
Questa, vedete, è la vita provvisoria [ …]. Nascere è importantissimo; si deve venire in questo mondo, altrimenti non si può realizzare il Sé, e fallisce lo scopo di questo mondo. Se questo succede, semplicemente si deve essere ributtati nel crogiuolo e nascere di nuovo. […] Vedete, è di un’importanza assoluta essere in questo mondo, realizzare davvero la propria “entelechia”, il germe di vita che si è […]. Si deve infatti lasciare qualche traccia di sé in questo mondo, che certifichi che siamo stati qui, che qualcosa è successo”.
(Carl G. Jung, Psicologia del Kundalini Yoga).
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